Prendersi la responsabilità di salvarsi la vita

Dall’inferno alla vita, viaggio di sola andata. Una testimonianza lucida ed emozionante dell’esistenza che rinasce.

“La decisione più difficile, ma anche la migliore che io abbia preso nella mia vita è stata quella di salvarmi. Una scelta banale direte, scontata, ma, al contrario, quando c’è di mezzo la cocaina, sembra di attraversare la Manica a nuoto senza alcun allenamento. La droga è come una benda incollata al capo, ti porta a giocare a mosca cieca con la tua vita e con quella della tua famiglia. Sì, perché io a 35 anni, non ero solo, avevo un lavoro, due figli, una moglie ed una solida famiglia di origine alle spalle. Eppure quando la cocaina è entrata nella mia vita è sparito tutto. Non vedevo più nulla, non sentivo più nulla, c’era solo lei… la dama bianca che rapidamente ed inesorabilmente mi spingeva alla cecità assoluta. Il problema è che gli altri ti vedono, ti osservano e percepiscono i tuoi cambiamenti: non sopporti più nessuno, ami esclusivamente la solitudine della tua casa, dormi e mangi male, senza alcuna regolarità. In sostanza stai diventando un vuoto a perdere, ma lo vedono solo le persone che ti circondano, tu sei nel tuo bozzolo, una sorta di lente dimensionale, priva di luce e speranza.

Io, Rosario, ero arrivato lì, laddove nessun essere umano con un minimo di dignità ed amore per la vita dovrebbe arrivare. Avevo deciso di abbandonare tutto, ogni responsabilità; non avevo più il lavoro, avevo lasciato i miei figli dai miei genitori ed in ultimo avevo rovinato il mio rapporto coniugale. In sostanza grazie alla droga, mi era rimasta solo quella parvenza di vita da cocainomane che conducevo con grandi difficoltà ogni giorno. In tali condizioni mi sono destato una mattina nella desolazione della mia dimora, ormai trasformatasi in una stamberga; reduce dagli ennesimi bagordi, i miei occhi non riuscivano e non accettavano la triste realtà della mia solitudine. In quel momento, in quel preciso attimo, una spinta proveniente da un anfratto imprecisato della mia mente mi ha detto: “SOPRAVVIVI”. Dopo una doccia dalla durata imprecisata e dalla temperatura glaciale, ho contattato la mia famiglia ed ho chiesto aiuto.
Il frutto di questa richiesta, di questa spinta alla sopravvivenza è stato il Narconon. Ci sono arrivato in tarda notte, in una condizione di assoluta confusione e con il cuore stretto nella morsa dei miei sensi di colpa.

La mattina, un uomo dai capelli ingrigiti che parevano scolpiti nel marmo, dati i tratti ondeggianti che li caratterizzavano, il mio amico Diego, un operatore del Centro, il quale osservando l’evidentemente scoramento che si leggeva sul mio volto, mi ha fatto leggere una frase del grande filoso ed umanista L. R. Hubbard iscritta su una cornice del suo ufficio:

“Non esiste persona viva che non possa dare vita ad un nuovo inizio”.

Quella frase ha trovato una corrispondenza precisa con la spinta che il giorno precedente mi aveva portato a chiedere aiuto. Da quel momento la sopravvivenza è diventata il mio carburante e grazie all’aiuto degli operatori del Narconon Astore, ho capito che potevo tornare a vivere con dignità. In realtà ora, dopo un anno senza toccare droghe, ho compreso cos’è la sopravvivenza: avere il potere di dare e ricevere aiuto.

Grazie al Narconon, ora, io sono un uomo potente.”

Rosario

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